Seconda buona motivazione? Il sentiero nella roccia che conduce all’eremo. Suggestivo, rilassante, un pizzico vertiginoso: insomma il modo ideale per prepararsi emotivamente a raggiungere il Santuario di San Romedio.
E finalmente sto benedetto orso (benedetto in ogni senso!). Non fare anche tu polemica gratuita. Prima di giudicare ascolta dalla mia bocca il perché del suo trovarsi qui. Vedrai, in Val di Non a tutto c’è una spiegazione…
Te la conti mi…
Il Santuario di San Romedio è spesso ricordato anche per l’area faunistica adiacente l’ingresso in cui vive in semilibertà un orso, vera mascotte di tutti i bambini della Val di Non.
La presenza dell’orso trentino in questo luogo di culto è legata alla leggenda secondo cui Romedio, ormai vecchio si sarebbe incamminato verso la città deciso ad incontrare il Vescovo di Trento Vigilio. Lungo il percorso il suo cavallo sarebbe stato sbranato da un orso, Romedio tuttavia non si diede per vinto e avvicinatosi alla bestia sarebbe riuscito miracolosamente a renderla mansueta e a cavalcarla fino a Trento. Quando al ritorno da Trento Romedio scelse di dedicare la sua vita all’eremitaggio, l’orso divenne il suo unico compagno fino alla morte.
Ricordando questa leggenda nel 1958 il senatore conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, membro d’onore del comitato di fondazione del WWF in Italia, comprò Charlie, un orso destinato a morire perché la sua pelle fosse venduta, e lo donò al santuario di San Romedio. Da allora l’area faunistica del santuario di San Romedio ha sempre dato asilo ad esemplari di orso trentino e non solo altrimenti destinati ad una sorte più triste.
Oggi al santuario di San Romedio è ospitato “Bruno”: un bellissimo esemplare di orso abruzzese.